La festa di Sant'Antonio abate, celebrata ogni
anno il 17 gennaio, era in passato una delle ricorrenze più sentite
nelle comunità contadine. Anche oggi è piuttosto diffusa,
soprattutto nelle zone rurali e nei paesi della provincia dove le
tradizioni sono molto più radicate che nelle grandi città.Nella
cultura popolare, Sant'Antonio abate veniva raffigurato con accanto
un porcellino; i contadini, per distinguerlo dall'altro Antonio,
quello comunemente detto da Padova (e che invece è di Lisbona), lo
chiamavano infatti Sant'Antoni del purscell; spesso era
rappresentato con lingue di fuoco ai piedi e aveva in mano un
bastone alla cui estremità era appeso un campanellino; sul suo
abito spiccava il tau , croce egiziana a forma di "T",
simbolo della vita e della vittoria contro le epidemie - cosa a cui
sembra alludere anche il campanello, che era utilizzato appunto per
segnalare l'arrivo dei malati contagiosi. Malgrado tutte queste
connotazioni "agresti" attribuitegli da una tradizione
secolare, in realtà Antonio aveva poco o nulla a che fare col mondo
contadino: era infatti un eremita ed un asceta tra i più rigorosi
nella storia del Cristianesimo antico. Antonio, di cui conosciamo
bene la vita grazie alla biografia scritta dal suo discepolo
Atanasio, nacque in Egitto, a Coma, una località sulla riva
sinistra del Nilo, intorno all'anno 250. Malgrado appartenesse ad
una famiglia piuttosto agiata, mostrò sin da giovane poco interesse
per le lusinghe e per il lusso della vita mondana: alle feste e ai
banchetti infatti preferiva il lavoro e la meditazione, e alla morte
dei genitori distribuì tutte le sue sostanze ai poveri. Compiuta la
sua scelta di vivere come un eremita, si ritirò dunque in
solitudine a lavorare e a pregare, dapprima nei dintorni della sua
città natale e successivamente nel deserto. Qui trascorse molti
anni vivendo in un'antica tomba scavata nella roccia, lottando
contro le tentazioni del demonio, che molto spesso gli appariva per
mostrargli quello che avrebbe potuto fare se fosse rimasto nel
mondo. A volte il diavolo si mostrava sotto forma di bestia feroce -
soprattutto di porco - allo scopo di spaventarlo, ma a queste
provocazioni Antonio rispondeva con digiuni e penitenze di ogni
genere, riuscendo sempre a trionfare. La sua fama di anacoreta si
diffuse ben presto presso i fedeli e Antonio, che voleva vivere
assolutamente distaccato dal resto del mondo, fu costretto più
volte a cambiare luogo di "residenza" per sfuggire alla
ressa di coloro che accorrevano da lui da ogni parte per avere i
suoi consigli e per vederlo. Intorno al 311 si recò ad Alessandria
per prestare aiuto e conforto ai cristiani perseguitati
dall'imperatore Massimiano; poi si ritirò sul monte Qolzoum, sul
Mar Rosso, ma dovette tornare ad Alessandria poco tempo dopo per
combattere l'eresia ariana, sempre più diffusa nelle zone orientali
dell'impero. Malgrado conducesse una vita dura e piena di
privazioni, Antonio fu molto longevo: la morte (da lui stesso
predetta) lo colse infatti all'età di 105 anni, il 17 gennaio del
355 (o356), nel suo eremo sul monte Qolzoum. Sulla sua tomba, subito
oggetto di venerazione da parte dei fedeli, furono edificati una
chiesa e un monastero; le sue reliquie nel 635 furono portate a
Costantinopoli , per poi dirigersi verso la Francia a cavallo tra il
IX e il X secolo. Si narra che la prima tappa "francese"
delle spoglie mortali di Antonio fosse La Motte-St.Didier, località
dove sorse l'ordine degli Ospitalieri, che furono detti appunto
"Antoniani". Ora esse riposano nella chiesa di Saint.
Julien , ad Arles.I riti che si compiono ogni anno in occasione
della festa di Sant'Antonio sono antichissimi e legati strettamente
alla vita contadina e fanno di Antonio abate un vero e proprio
"santo del popolo". Egli è considerato il protettore per
eccellenza contro le epidemie di certe malattie, sia dell'uomo, sia
degli animali. E' infatti invocato come protettore del bestiame (che
durante la festa viene benedetto), dei porcai, dei macellai e dei
salumieri e la sua effigie era in passato collocata sulla porta
delle stalle. Il santo veniva invocato anche per scongiurare gli
incendi, e non a caso il suo nome è legato ad una forma di herpes
("herpes zoter") nota appunto come "fuoco di
Sant'Antonio" o "fuoco sacro". Questo morbo invase
ripetutamente l'Europa tra il X e il XVI secolo, e fu proprio in
questo periodo che si diffuse la credenza nei suoi poteri contro
questo male. Narra la leggenda che un gentiluomo francese di nome
Gastone pregò a lungo il santo per ottenere la guarigione del
figlio, destinato a soccombere all'infezione. Ottenuta la grazia,
Gastone dimostrò la propria riconoscenza dedicandosi alla cura
degli ammalati di "fuoco sacro" e fondando per loro un
ospedale. Nel 1095 papa Urbano II approvò l'ordine degli Antoniani,
che appunto avranno in tempi successivi proprio il compito di
prestare aiuto ed assistenza a questi malati. Antonio è anche il
protettore dei fornai, che un tempo tenevano l'effigie del santo
nella loro bottega. Il 17 gennaio a Milano si usava andare nella
chiesa a lui intitolata a ricevere la benedizione contro le
malattie; subito dopo si andava in fiera; chiudeva il tutto una
processione durante la quale i fornai portavano ai piedi della
statua del santo le loro offerte. Venerato a gennaio - che era il
mese dei matrimoni -, era invocato dalle ragazze da marito che
cantavano "Sant'Antoni gluriùs, damm la grazia de fa 'l murùs,
damm la grazia de fal bèll, Sant'Antoni del campanèll".La
festa di Sant'Antonio è ancora oggi molto viva in Brianza, dove la
si celebra tra frittelle e vino brûlé, e soprattutto tra i falò.
Antonio infatti era considerato il patrono del fuoco; secondo alcuni
i riti attorno alla sua figura testimoniano un forte legame con le
culture precristiane, soprattutto quella celtica e druidica. E' nota
infatti l'importanza che rivestiva presso i Celti il rituale legato
al fuoco come elemento beneaugurante, ad esempio in occasione delle
feste di Beltaine e di Imbolc: quest'ultima ricorrenza, che veniva
celebrata il primo febbraio, salutava la fine ormai prossima
dell'inverno e il ritorno imminente allungarsi e della bella
stagione, con le giornate che iniziano ad allungarsi. Una festa,
dunque, di origini antichissime, festeggiare la quale significava e
significa, ogni anno, scatenare le forze positive e, grazie
all'elemento apotropaico del fuoco, sconfiggere il male e le
malattie sempre in agguato.Una festa di buon auspicio per il futuro
e all'insegna dell'allegria: in passato, ma anche oggi.
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