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le terre dei Torlonia, a lungo abbandonate e mal coltivate, causarono fame e disoccupazione, spingendo i contadini alla rivolta. Queste lotte, che hanno caratterizzato un periodo storico, misero fine al principato dei Torlonia e, con l'entrata in vigore della "Legge Stralcio", venne affidata agli enti di riforma (Ente Fucino) la soluzione dei problemi del latifondo. Vennero assegnati ai contadini dei terreni (20 coppe = i ha), i quali diventarono proprietari pagando un riscatto trentennale (1952-1982). Quell'antico popolo di pescatori oggi è diventato un popolo di abili imprenditori agricoli, tanto che i prodotti locali sono esportati in tutto il mondo. Le vicissitudini della storia non hanno, dunque, intaccato la forza del popolo marso, che non ha però, dimenticato le sue gloriose origini. LA CIVITAS MARSORUM PER ANTONOMASIA Figli di Marte, che possono annoverare anche Marso, figlio della maga Circe, tra i padri della "magica", stirpe infatti, i Marsi, consideravano Marruvium il principale dei loro municipi, dal titolo Marsi Marruvium (insieme ad Anxa ed Antinum). L'esatta ubicazione di questa città romana, èrisultata essere la stessa del territorio sul quale sorge l'odierno paese di San Benedetto dei Marsi. Questa circostanza fa si che l'intero sottosuolo del paese racchiuda un immenso patrimonio archeologico di grande valore storico e artistico. San Benedetto dei Marsi, a m. 670 s.l.m., che sorge su un declivio coltivato al margine orientale dell'alveo del Fucino, in prossimità della Strada Provinciale Circonfucense e che chiude ad anello il letto del lago prosciugato, può vantare di essere stato quella città di provincia, più piccola di Pompei, ma che per la ricchezza ed eleganza di monumenti, pubblici e privati, si èmeritata l'appellativo di splenditissima, prodigato da antiche epigrafi e antichi scrittori. Prospiciente Lucus Angitiae, santuario principale dei Marsi, dedicato alla dea Angitia, divinità principale marsa, Marruvium nel i sec. a.C; è elevata a municipio della IV regione augustea, alla fine del Bellum Marsicum, conflitto che termina con la sconfitta dei Marsi, ma con il il sostanziale riconoscimento della cittadinanza romana, la cui figura fondamentale è il condottiero marso, Poppedius Silo, l'Annibale italico. Per tutta l'età imperiale Marruvium sarà il centro più importante, ma anche più romanizzato del territorio marso, con la sua notevole urbanizzazione a maglie regolari, confermata dai recenti scavi, realizzati all'interno del centro urbano, che hanno aggiunto molte informazioni, proprio, sull'insediamento romano del periodo Imperiale e precedente. Il nome del paese odierno è dovuto alla chiesa "San Benedetto nella città Marsicana" e designa un centro urbano che si è sviluppato e trasformato, in modo spontaneo e stratificato, sui resti dell'antica città, di cui abbiamo testimonianze visibili, in scarsa quantità, ma sufficienti a documentarne la passata magnificenza, iniziata con la riedificazione (dopo la distruzione durante la guerra sannitica) per ordine del console Marco Valerio Massimo. Poco si conosce invece del paese dopo la caduta dell'impero Romano, supponendo il suo spopolamento a causa delle invasioni barbariche e delle inondazioni provocate dall'abbandono della manutenzione degli emissari che regolavano le acque del Fucino. Successivamente, dal sec. X in poi, la storia del paese è legata a quella della contea di Celano. E' tra il XII e il XIII sec. è ancora uno dei centri principali della Marsica con la chiesa di Santa Sabina come sede vescovile e la chiesa di San Benedetto con il monastero sorto sulla casa natale di Bonifacio IV. A causa del periodo angioino, disastroso per tutto l'Abruzzo, alla fine del '300 Pietro Berardi, conte di Celano, constatando l'abbandono in cui si trova San Benedetto, trasferisce la sede a Pescina (4 km. circa). Nei secoli dopo il paese è un piccolo borgo di pescatori e contadini infastiditi spesso dalle inondazioni, da cui furono liberati solo dal prosciugamento del lago, concluso nei 1875, dovuto all'impegno dei Principe Alessandro Torionia di cui è rimasta famosa la frase: "O io asciugo il Fucino o il Fucino asciuga me Inizia quindi un'immigrazione di agricoltori e Ma, ...t àbbela rase, imméce 'na mantiene, éve l'immérne, i tridece gennare... 'N dramme, 'na traggédje, 'na ruvine che 'nn muménte, sénza bombe i spare. La Màrseche devendétte 'na macere... •..Fu une d'ì più ggrosse tarramute!,.. •..La mòrte svulazzéve i ogni ttante scrivéve i mòrte, tutta strafutténte,... ...Quaccune ch'éve state fortunate jéve ggirénne sopre le macére pe rretruvà la casa sfrantumate, guardénne 'ne segnale, 'na rinchjére, na pòrte, 'na finéstre 'na facciate... migliorano le condizioni economiche dell'intera area marsicana. San Benedetto si presenta, in questo periodo, ordinato tra via Valeria e via Romana, con strade lastricate, bei palazzi a più piani, decorati con portali in pietra, balconate in ferro battuto, cornici aggettanti, case unifamiliari ed edifici nobiliari. E giusto la facciata della chiesa di Santa Sabina col suo poderoso portale restò in piedi, insieme ai Morroni. li terremoto del 1915 distrugge l'intero patrimonio edilizio del paese, ci furono 3700 morti su 4000 abitanti, e con essi va distrutto l'orgoglio di un villaggio che, forte della sua identità, si stava avviando verso un miglioramento sociale, culturale ed economico prima di essere spazzato via da un tragico, incontrollabiIe, imprevedibile evento, che tutto ha travolto con impeto furioso, "n' subisse!" "PIù bbrutte dell'Apocalisse". Ma oggi, alle soglie del nuovo millennio, reperti archeologici, di diverso valore, ci parlano della magnificenza della splenditissima Marruvium imperiale, così come testimonianze storiche, e mitiche di antichi autori. La conoscenza di Marruvium, dei suo "prima", del suo "dopo" ci introduce, nel patrimonio culturale e tradizionale di quello che oggi è tornato ad essere uno dei centri principali della Marsica (sub-regione abruzzese, che nel centro dell'Appennino centrale, tra il Parco Nazionale d'Abruzzo, la Valle Longa, i piani Palentini, e protetta dalle cime dei Parco Sirente Velino, controlla da sempre le arterie viarie ed economiche. LA SCUOLA GASTRONOMICA Negli ambienti gastronomici viene citata talvolta una Scuola Gastronomica che, nell'età romana, godeva in Marruvium, l'attuale 8. Benedetto dei Marsi, di grande considerazione e prestigio. E si è detto anche che questo paradiso gastronomico era frequentato dall'illustre cuoco romano Apicio. Cosa c'è di vero e di documentato storicamente? C'è da dire intanto che sbaglia chi parla della prestigio-sa Scuola Gastronomica di Marruvium come di qualcosa che sta tra la leggenda e la storia. La leggenda non c'entra affatto, mentre c'entra, e a giusta ragione, la storia. Ed èstoricamente documentata non solo l'esistenza della Scuola Gastronomica in Marruvium, anche il fatto che essa era uno dei centri privilegiati da Apicio per le sue ricette tutte riportate nel famoso ricettario, conosciuto coi titolo di Libri di Apicio. Quali possono essere i motivi di un così stretto rapporto tra la Scuola Gastronomica di Marruvium e il celebre cuoco Apicio? I motivi possono essere molti. Ne indico solo alcuni i quali hanno una plausibilità in relazione all'ambiente e alla condotta di vita dei marsicani in età romana. E' noto che questi erano non solo incantatori di serpi, ma anche esperti cercatori e selezionatori di erbe. Quando dico cerca-tori e selezionatori, voglio intendere che, una volta raccolte le erbe, i marsicani avevano affinato l'arte di riconoscere quelle dalle proprietà medicinali e quelle semplicemente aromatiche. In ciò risiedeva la magia di utilizzare quelle medicinali per cure e incantesimi e quelle aromatiche per conferire delizie di sapori alla loro cucina. Questa cucina, nobilitata dalle erbe aromatiche marsicane, non poteva non facilitare l'incontro tra la Scuola Gastronomica di Marruvium e un mago dell'arte culinaria quale era il grande Apicio. A ciò va aggiunto che essendo Marruvium una splendidissima città d'italia e che, per un lungo periodo, fu degna Capitale dei Marsi, essa esercitava un fascino straordinario in quanti amavano venire a contatto con gli splendori urbanistici della città di cui la Scuola Gastronomica costituiva una "perla" preziosa in un celebrato gioiello. Ci si domanda ancora da quali specificità poteva derivare la rinomanza delle ricette della Suola Gastronomica di Marruvium tanto apprezzata da Apicio. E in particolare ci si domanda se era Apicio a portare le sue ricette a Marruvium o se era Marruvium a mandare a Roma, per il tramite di Apicio, le sue rinomate ricette. Quel che è certo è che la Scuola Gastronomica e Maestro erano entrati in perfetta sintonia e questa era maturata in uno scenario naturale particolarmente vocato alle "squisitezze", sia per i piaceri della carne sia per i piaceri dello spirito. Mi riferisco innanzitutto al fatto che il condizionamento atmosferico esercitato dalle acque del Lago Fucino, oltre ad esaltare un ecosistema quanto mai apprezzato ed ambito da Roma per la bellezza e la salubrità che sapeva offrire - tanto che non pochi nobili, a cominciare da Tito Livio, nei dintorni del Fucino venivano a curare i loro malanni - contribuiva a tenere alto il tenore della qualità e della quantità delle produzioni agricole intorno al bacino. La storia è prodiga di lodi per il paesaggio agrario dovuto al clima lacustre dove la presenza di uliveti, vigneti, frutteti - insieme da una flora spontanea quanto mai varia e ricca di sapori e di colori che davano un tocco magico a mieli prelibatissimi - erano la linfa dell'alto livello gastronomico marruviano. Ed è questo scenario, e le ricchezza che vi sono dentro, che incantano il grande Apicio. Ed è certamente questo che motivava la devozione delle genti marse per il loro lago tanto da elevarlo ad una sorta di deità se è vero che nel disegno di Roma di prosciugario, il progetto prevedeva di lasciare nel Bacinetto (la parte più bassa) una porzione di lago per sottolineare che il dio Fucino ancora viveva dopo il tentativo di prosciugamento. Parlando del lago, non credo sia azzardata l'ipotesi di una correlazione tra pesca e Scuola Gastronomica Marruviana. Un lago, come quello del Fucino, ricco di trote, anguille, carpe, lucci, tinche, era l'ideale per una cucina che realizzava il felice connubio tra prodotti dell'acqua e prodotti della terra: voglio intendere tra pesca, produzioni orticole e erbe aromatiche; il tutto sapientemente amalgamato e dosato dai "maghi" della Scuola Gastronomica dell'antica splendida Marruvium. Torna veramente suggestivo il fatto che un grande cuoco dell'antica Roma abbia avuto così fecondi rapporti con l'antica splendida Capitale dei Marsi. Ed è proprio pensando al destino di Apicio che sentiamo nell'animo un velo di tristezza. Che ci viene da un riferimento di Seneca. Seneca racconta che Apicio si avvelenò dopo un lautissimo pranzo con amici. li motivo? Verificò i suoi conti e notò che, con gli ultimi 10 milioni di sesterzi che gli erano rimasti, non avrebbe più potuto fare grandi pranzi. Pensando alle future privazioni, fu preso dallo sconforto; e volle festeggiare la sua morte con l'anima grande abbuffata che concluse, solo per sé, con un prelibatissimo dolce "al veleno" tra lo sconcerto e la tristezza degli amici con i quali aveva condiviso, sovente, allegre serate conviviali nei corso delle quali, certamente, sarà stata menzionata - e a ragione- la magnificenza della rinomata Scuola Gastronomica della bellissima Marruvium oggi San Benedetto dei Marsi.
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